Sono sempre di più le donne vittime di minacce online: soltanto nei primi dieci mesi del 2023 si sono contate 371 denunce. Un “preoccupante incremento” del 24% rispetto allo scorso anno. È quanto emerge dal dossier sulla violenza di genere online della Polizia postale.
Gli strumenti in rete più utilizzati per minacciare le donne, sempre nei primi mesi del 2023, sono stati i social network, nel 50% delle denunce, e le app di messaggistica, per il 31% dei casi. “Luoghi virtuali” dove avvengono anche la maggior parte delle molestie online: fino a ottobre sono state 377, con un incremento del 10%. I mezzi di comunicazione usati di più dai “persecutori” in questo caso sono i servizi di messaggistica, il 38%, e i social network, il 33%. A mettere in atto comportamenti persecutori online per la maggior parte dei casi sono persone che “non solo si conoscono nella vita reale, ma magari hanno condiviso percorsi di vita comune”.
Possono, quindi, essere ex coniugi, partner, colleghi di lavoro. Imponendo il controllo psicologico, come avviene nei casi di stalking e delle molestie sui social network, “si realizzano aggressioni che, pur non toccando fisicamente le vittime ne stravolgono la vita, cancellando ogni concreta traccia di serenità”, scrive nell’introduzione del dossier il direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, Ivano Gabrielli.
Il revenge porn fa poi registrare numeri in linea con quelli del 2022:fino al 31 ottobre 2023 i casi sono stati 163, lo scorso anno 169. In tutto il 2022 le denunce sono state 191. Si tratta di un fenomeno che “aggredisce soprattutto le donne” e “per il quale risulta sempre complesso chiedere aiuto perché ci si sente responsabili di un errore di valutazione sulle intenzioni dell’altro”. Nel Dossier si evidenzia come nei primi dieci mesi dell’anno in corso siano stati 826 i casi di violenza di genere contro le donne gestiti dalla polizia postale.
I comportamenti “violenti verbalmente, persecutori e delatori, diffusi in rete” sono sempre più spesso “un’anticipazione” di “violenze e persecuzioni concrete”. Post che insultano o incursioni nei profili personali a volte “vengono considerati un male minore” e che non determinano un pericolo urgente, si legge nel report. Ma i reati online sono così “strettamente legati alla violenza concreta” da dover essere valutati come un campanello d’allarme.