Antonio Mancini, soprannominato Accattone, è morto a 75 anni. È stato uno dei vertici della Banda della Magliana. Dal 1994 era diventato un collaboratore di giustizia. La sua figura ha ispirato il personaggio di Ricotta in Romanzo Criminale.
Mancini era conosciuto anche con il soprannome di Accattone e Zio Nino. Nel 1994 Mancini diventa un collaboratore di giustizia, facendo dichiarazioni su molti dei “misteri italiani”: dal delitto di Mino Pecorelli, a come la Banda della Magliana collaborò con lo Stato per trovare il luogo dove le Brigate Rosse tenevano prigioniero Aldo Moro.
È stato sempre lui a svelare molte vicende interne alla Banda come l’agguato in cui morì Enrico De Pedis detto “Renatino”, che lo stesso Mancini riteneva avesse avuto un ruolo primario nel rapimento di Emanuela Orlandi.
Mancini ha ispirato il personaggio di Ricotta, nel libro di Giancarlo De Cataldo Romanzo Criminale da cui è stata tratto l’omonimo film e successivamente la serie tv di grande successo.
Antonio Mancini nasce nel 1948 a Castiglione a Casauria, in provincia di Pescara, ma a 10 anni si trasferisce a Roma con la famiglia nel quartiere di San Basilio. Viene fermato per la prima volta dalla polizia a 12 anni per aver rubato una Vespa e a 14 anni entra in riformatorio.
È durante un periodo di detenzione nel carcere di Regina Coeli che diventa amico di Nicolino Selis, il cui gruppo “lavorava” tra Ostia e Acilia. È tramite il sodalizio con Selis che Mancini entra nella Banda della Magliana. A partire dai primi anni Ottanta Accattone fa coppia fissa con Danilo Abbruciati detto “Er camaleonte”, esponente di spicco della Banda della Magliana del gruppo dei “Testaccini”. Si occupa di recupero crediti e di far rigare dritto i gruppi sottoposti al controllo della Banda. Con Abbruciati si occuperà anche di “eliminare” il suo vecchio amico Selis, diventato sgradito ai vertici dell’organizzazione.