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Papa Francesco torna a ‘Che tempo che fa’: “Vi chiedo di pregare per me”

15/01/24 - 09:45

«Vi chiedo di pregare per me: pregare, pregare perché io vada sempre avanti, perché io non fallisca nel mio dovere, ma per favore pregare a favore, non contro! Grazie». Con queste parole Papa Francesco chiude la chiacchierata con Fabio Fazio a Che tempo che fa. 55 minuti dove il Pontefice ha parlato dei grandi temi che affliggono il Pianeta, della sua gioventù, della carità e anche di un possibile cambio di testimone alla guida della Chiesa mondiale.

Un Papa invecchiato e stanco ma lucido in ogni concetto espresso.

E parte dal concetto che “Dio è buono e benedice tutti” parlando per la prima volta in pubblico di Fiducia supplicans la Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede sulle benedizioni alle coppie irregolari, un testo che ha fatto molto discutere le scorse settimane. Francesco ha detto: «All’ora di prendere una decisione, c’è un prezzo di solitudine che tu devi pagare e delle volte le decisioni non sono accettate ma la maggior parte, quando non si accettano le decisioni, è perché non si conosce. Io dico quando a te non piace questa decisione vai a parlare e dì i tuoi dubbi e porta avanti una discussione fraterna e così va avanti una cosa. Il pericolo è che non mi piace e me lo metto nel cuore e così divengo con una resistenza e faccio delle conclusioni brutte. Questo è successo con queste ultime decisioni sulla benedizione a tutti».

Quindi il Papa ha aggiunto: «Il Signore benedice tutti, tutti, tutti, quelli che vengono. Il Signore benedice tutti coloro che sono capaci di essere battezzati, cioè ogni persona. Noi dobbiamo prenderli per mano e aiutarli ad andare in quella strada non condannarli dall’inizio. E questo è il lavoro pastorale della Chiesa. Questo è un lavoro molto importante per i confessori. Io dico sempre ai confessori: voi perdonate tutto e trattate la gente con molta bontà come il Signore ci tratta e poi se tu vuoi aiutare la gente, puoi parlare e portarli sempre avanti e aiutarli ad andare avanti, ma perdonare tutti. Sono 54 anni che sono prete, e soltanto una volta ho negato il perdono, per l’ipocrisia della persona. Una volta.Un grande confessore, un uomo di 94 anni, un frate cappuccino dell’Argentina, è lui un grande perdonatore, come diciamo noi, “manica larga”, perdona tutto. E una volta è venuto all’episcopio quando io ero arcivescovo e mi ha detto: “Senti Giorgio, io ho questo problema, io perdono troppo e delle volte mi viene la sensazione che non sta bene” – E cosa fai Luigi? – Vado in cappella e chiedo perdono al Signore: Signore scusami, ho perdonato troppo – Ma sei stato tu a darmi il cattivo esempio!”. Questo è vero noi dobbiamo perdonare tutto perché Lui ci ha perdonato. Lui ci ha dato questo “cattivo esempio”.

La Chiesa, ha detto ancora Francesco nell’intervista, «ha questa dimensione cordiale: che viene dal cuore, tutti, tutti a casa, tutti dentro. Questo è l’invito del Signore. E ognuno con il proprio fardello, perché ognuno ha il proprio e il Signore dice: “Tutti”. Questo lo dice il Signore, non lo dico io. Il problema è quando noi facciamo delle selezioni: questo sì, questo no… Faccia Lui. Noi, tutti. Poi dentro vediamo.

«Il perdono è per tutti – ha detto ancora Francesco nell’intervista con Fabio Fazio –  Una cosa che mi piace, e che una volta mi ha detto una persona molto saggia, semplice: “Dio non si stanca di perdonare, mai. Dio perdona sempre perché è da Lui il perdono, ma siamo noi a stancarci di chiedere perdono. E questo è il problema. Il cuore aperto al perdono viene subito preso dal cuore di Gesù che perdona tutto, ma il nostro cuore indurito diviene incapace di chiedere perdono e questa è una cosa molto brutta, l’incapacità di chiedere perdono. Il Signore è non si stanca di perdonare. Ricordiamo questo. Dio mai si stanca di perdonare. Siamo noi a stancarci di chiedere perdono.

Francesco nell’intervista con Che tempo che fa ha quindi parlato delle due direzioni, quella «di avvicinarci al Signore» e quella di «lasciare che il Signore si avvicini». «Delle volte, per le circostanze, per la guerra per esempio, abbiamo rabbia nel cuore e ce la pigliamo con il Signore: “Ma perché tu permetti queste cose, perché tu lasci che noi ci distruggiamo così?”. Delle volte ci presentano il Signore come il giudice implacabile… È vero è giudice, è vero. Ma Lui è vicino, compassionevole e misericordioso, questo è il Signore. Non è il Dio che freme per castigare, così lo presenta la Bibbia, sempre. Il problema è che noi abbiamo paura di chiedere perdono».

E poi alla domanda di Fazio sulla sua salute e sulle possibili dimissioni, Papa Francesco ha risposto così: «Non è né un pensiero né una preoccupazione e neppure un desiderio. È una possibilità, aperta, a tutti i Papi, ma per il momento non è al centro dei miei pensieri e delle mie inquietudini, dei miei sentimenti. Nel tempo che io mi sento con capacità di servire vado avanti. Quando non ce la farò più sarà il momento di pensarci».

Non manca il riferimento alle guerre che sconvolgono il mondo.  «Questa escalation bellica mi fa paura, ha detto Francesco, perché questo portare avanti passi bellici nel mondo, uno si domanda come finiremo. Con le armi atomiche adesso, che distruggono tutto. Come finiremo. Come l’Arca di Noè? Questo mi fa paura. La capacità di autodistruzione che oggi ha l’umanità». «È difficile fare la pace, non so perché c’è qualcosa di autodistruttivo dentro. Quando nel 2014 sono andato a Redipuglia ho visto il risultato di quella strage, e ho pianto. Ho pianto. Ogni primo novembre vado in un cimitero a celebrare. Quando sono andato ad Anzio, erano i ragazzi che sono entrati (il Papa si riferisce ai giovani soldati morti durante lo sbarcondr), di poca età, tutti morti. L’ultima volta sono andato al cimitero inglese, guardavo le età. E pensavo alle mamme, che ricevono quella lettera: “Signora, ho l’onore di dire che lei ha un figlio eroe…” E la mamma sente, e: “No, io voglio il figlio non l’eroe”. Perdono i figli… E pensiamo cosa significa una guerra. Pensiamo allo sbarco in Normandia… Sulla spiaggia sono rimasti 20 mila ragazzi! Questa è la guerra. Questa è la guerra. Dobbiamo pensarci».

Francesco ha parlato di speranza che è «come la forza che ci porta avanti. La speranza non delude. La speranza non delude, mai delude. E dobbiamo aggrapparci alla speranza. La speranza – l’immagine, la cosa bella della speranza – è l’ancora, che tu la butti e vai avanti, aggrappato alla corda per arrivare alla spiaggia. Ma siamo noi a fabbricare delle delusioni – tante – che sono criminali. Tutti i giorni io comunico telefonicamente con la parrocchia di Gaza, e mi dicono le cose che succedono… Terribile quello… Quanti arabi morti lì, e quanti israeliani morti. Due popoli chiamati ad essere fratelli. Questa è la guerra: distruggere».

«La guerra – ha detto il Pontefice nell’intervista con Fabio Fazio – è incominciata all’inizio del racconto biblico della Creazione. Caino e Abele. È incominciata l’inimicizia, il crimine di guerra… Poi, nella storia, sempre ci sono state le guerre. Ma la guerra è una opzione egoistica, che ha questo gesto: prendere per me. Invece la pace ha il gesto contrario: dare e dare la mano. È vero che è rischioso fare la pace, ma è più rischiosa la guerra. Dietro alle guerre – diciamolo con un po’ di vergogna, ma diciamolo – c’è il commercio delle armi. Mi diceva un economista che, in questo momento, gli investimenti che danno più interessi, più soldi, sono le fabbriche delle armi. Investire per uccidere. Questa è una realtà».

E poi i bambini, da sempre cari al Pontefice. «Mercoledì scorso è venuta una delegazione di bambini dell’Ucraina, hanno visto qualcosa della guerra e, dico una cosa Fabio, nessuno di loro sorrideva. I bambini spontaneamente sorridono, io gli davo delle cioccolate e loro non sorridevano. Avevano dimenticato il sorriso e che un bambino dimentichi il sorriso è criminale. Questo fa la guerra: impedisce di sognare».

I bambini, ha aggiunto Francesco, «sono i grandi sfruttati, i grandi scartati. E dimentichiamo che loro sono il futuro. Poi quando arriva, a 20, 22, 23 anni e finisce in carcere, noi diciamo: “Ma, questa generazione sporca, guarda le cose che fa…”. Siamo stati noi! È stata la società a educarli così, “Tu devi uccidere, tu devi rubare. Li ha messi in condizione, al margine della società e loro si sentono scarto e vivono come scarto. È terribile, questa è una condanna a morte dei bambini. Nel mese di giugno, si farà il primo incontro mondiale dei bambini, qui a Roma. Un po’ per questo, per attirare l’attenzione. Quando abbiamo fatto l’incontro con i bambini ce n’erano 7.500 da tutto il mondo, Paesi di pace e di guerra. Adesso se ne farà un altro. Ma questo, un primo incontro mondiale, per aiutare ad attirare l’attenzione che i bambini sono il futuro ma sono il futuro con le cose che noi daremo loro. O li faremo crescere bene o li faremo crescere male».

«Il male arriva – ha spiegato il Papa nel corso dell’intervista – dal proprio cuore, sempre, noi abbiamo la possibilità di scegliere: o il bene o il male. Il cuore ha capacità di fare il male, dall’inizio. Noi abbiamo quella possibilità. Dal cuore. Il cuore ha la capacità di fare il bene e il male e qui radica il fatto della propria libertà. L’uomo è libero. E’ vero che tante volte è condizionato da questioni politiche sociali – abbiamo parlato dei bambini condizionati – ma il cuore dell’uomo è libero».

Rispondendo alla domanda di Fazio su quale sia la riforma più urgente per la Chiesa, il Papa ha detto: «La riforma dei cuori, per tutti i cristiani. Le strutture vanno conservate, cambiate, riformate secondo la finalità. E questo io – oso dire – che le strutture vanno sempre aggiornate, usiamo questa parola positiva: cambiare per aggiornare. Ma il cuore va riformato tutti i giorni: cambiare il cuore. E questo è un lavoro di tutti i giorni. Quando noi sentiamo nel cuore qualche cattiveria, l’invidia per esempio, l’invidia che è quel vizio “giallo” – a me piace chiamarlo – è un vizio “giallo” che rovina tutti i rapporti. E dobbiamo pentirci e cambiare il cuore continuamente. E stare attenti: cosa succede nel mio cuore per cambiare. Cambiare il cuore e poi cambiare le strutture. Le strutture vanno cambiate perché la storia va avanti. Le cose che andavano bene nel secolo scorso adesso non vanno bene. Ma la vera libertà è cambiarle, perché non sono cose assolute in sé stesse, sono cose relative al momento storico».

Francesco torna poi sul tema dei migranti. «C’è tanta crudeltà nel trattare questi migranti – ha detto – nel momento in cui escono da casa loro fino ad arrivare qui in Europa. C’è un libro molto bello è piccolino, si legge in poche ore – si chiama “Fratellino”, lo scrisse un migrante, che ha speso tre anni per venire dalla Guinea in Spagna. E lo ha scritto di questi tre anni di schiavitù, le sofferenze, le torture. Questo fa la gente presa da questa mafia, che li sfrutta. È venuto a vedermi l’altro giorno – perché adesso lavora in Spagna – per ringraziarmi del fatto che io avessi parlato del suo libro. Ma tutta una vita come quella di Pato  che ha perso la moglie e la figlia, e tanti altri. I migranti sono trattati tante volte come cose. Penso alla tragedia di Cutro, lì, davanti, annegati per respingere. È vero che ognuno ha il diritto di rimanere nella propria casa e di migrare. È vero che in questo momento in Europa sono cinque i Paesi che ricevono più migranti: Cipro, Grecia, Malta, Italia e Spagna. Una bella politica della migrazione, bella, ben pensata, aiuta anche i Paesi sviluppati come l’Italia, la Spagna. Dobbiamo prendere il problema dei migranti in mano, togliere tutte queste mafie che sfruttano i migranti, e andare avanti nel risolvere il problema sia della necessità di persone nei paesi, sia dell’emigrazione. Migrare è un diritto e rimanere in patria è un altro diritto. Rispettare ambedue. Una politica, capo di Governo, molto importante dell’Europa una volta ha detto: “Il problema della migrazione africana si risolve in Africa”.

Alla domanda di Fabio Fazio sul perché chieda sempre preghiere per lui, il Papa ha risposto: «Perché io sono peccatore, e ho bisogno dell’aiuto di Dio per rimanere fedele alla vocazione che Lui mi ha dato. Ognuno ha la propria vocazione, tu hai la tua – fai tanto bene con la tua professione, che nasce da una vocazione del cuore! – ognuno ha la propria, la propria vocazione, che deve portare avanti. Il Signore mi ha chiamato a fare il prete, a fare il vescovo, e, come vescovo, ho una responsabilità molto grande nei confronti della Chiesa. E conosco le mie debolezze. E per questo io devo chiedere preghiere a tutti, che preghino per me perché io sia rimasto fedele nel servizio del Signore. Che non finisca in un atteggiamento di pastore mediocre che non si prende cura dell’ovile, ma un pastore in mezzo al gregge, per sentire l’odore del gregge e per conoscere. Il Papa deve conoscere come è il gregge. Pastore dietro il gregge, per aiutare, andare avanti, e delle volte per lasciare che il gregge, con il fiuto, cerchi i nuovi pasti. E pastore davanti al gregge per guidare. E per questo ho bisogno di preghiera. E per questo chiedo preghiera, perché io non manchi di essere pastore. Al Signore, ha detto Francesco, «si può chiedere tutto e in questo io penso che noi siamo delle volte proprio timidi, non abbiamo il coraggio di chiedere tutto al Signore. Il Signore cosa dice nel Vangelo: “Chiedete e avrete”. Chiedete. Chiedete. Quella saggezza cristiana di imparare a bussare la porta del cuore di Dio».

Il Pontefice ha detto che nelle sue preghiere usa «immagini del Vangelo. A me piace immaginarlo come il papà generoso, che riceve il figlio che se ne è andato e ha speso una fortuna, e torna ferito… lo riceve. E, dice il Vangelo, che il figlio “aveva preparato il discorso”: “Papa ho peccato contro il Cielo, contro di te…” Ma il papà, con un abbraccio, quasi non lo ha lasciato parlare. A me piace pensare il Signore con questo abbraccio. Quando io vado a dire: “Ma, ho fallito in questo…” mi piace pensarlo, con la mano mi fa così, e mi dice: “Ma vai avanti, vai avanti, continua ad andare avanti”. Il Signore che ci spinge ad andare avanti, che non si scandalizza dei nostri peccati, perché Lui è padre, e ci accompagna. Lui da per scontato che siamo peccatori. Il problema è di Lui: se accompagno il peccatore o lo mando all’inferno subito. E Lui sceglie di accompagnarci. E per questo ha inviato il Suo Figlio, per accompagnarci. Il Signore ha inviato il Figlio al mondo non per condannare il mondo, ma per salvarlo. Così dice la Liturgia». E a proposito dell’inferno, Francesco ha aggiunto: «Questo non è dogma di fede – quello che dirò – è una cosa mia personale, che a me piace: a me piace pensare all’Inferno vuoto. È un piacere: spero che sia realtà. Ma è un piacere».

Parlando della prima cosa che gli viene in mente pensando a casa sua, Francesco ha spiegato: «La prima cosa sono i nonni. Siamo cinque noi. Mamma ha avuto mio fratello, secondo, quando io avevo 13 mesi, ancora ero un bambino da accudire, e i nonni abitavano a 40 metri. E la nonna veniva al mattino, mi portava a casa loro, io passavo tutto il mattino, pranzavo con loro, e poi, dopo pranzo, mi riportava a casa. Questo è un bel ricordo che io ho. E questo spiega perché la prima lingua che ho parlato non è stato lo spagnolo, ma il piemontese, perché loro parlavano piemontese. È stata proprio la mia prima lingua. Ma questo è il primo ricordo, i nonni: ossia il nonno e la nonna che, per mano, mi portavano a casa dopo nel pomeriggio. È un bel ricordo».

Alla domanda cosa faccia sorridere Francesco, il Pontefice risponde: «La tenerezza dei bambini questo mi fa sorridere. E poi i nonni, sono i miei coetanei ma a me piace parlare con i nonni, avere questo rapporto con i nonni, hanno saggezza i nonni, hanno saggezza. Non dimenticare queste due capacità che noi dobbiamo avere di parlare con i bambini, ascoltarli, farli ridere, parlare con loro e con i nonni, ascoltare le storie. Qualcuno dice: “Ma sono noiosi, sempre raccontano lo stesso…”, ma sono storie di vita, e questo aiuta pure».

«Si può riassumere il cammino della vita con imparare ad amare e sempre si può imparare ad amare di più. E c’è tanta gente che ti ha dato l’esempio di amore eroico, che li ha portati alla morte, a dare la vita per gli altri».

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